Erano grandi tre volte di più degli esemplari che ancora oggi vivono in Asia ed erano perfino più imponenti dei mammut lanosi. Ognuno di loro poteva arrivare a pesare fino a 13 tonnellate, vale a dire una riserva enorme di carne per le popolazioni di Neanderthal che vivevano nel territorio dell’attuale Sassonia. Insomma, vengono subito alla mente le immagini degli «olifanti» del Signore degli Anelli, «grandi come un edificio» e «con due corna in bocca», talmente imponenti da destare paura in chiunque vi si imbattesse e da poter ospitare sulla groppa torri di guerra capaci di contenere decine di soldati. La fantasia di Tolkien si ritrova ora nelle ossa risalenti a 125 mila anni fa e rinvenute negli anni Ottanta nel territorio della città tedesca di Halle, in Sassonia, che oggi si estende su 135 chilometri quadrati e ospita 240 mila persone. Le sue origini vengono fatte risalire all’epoca celtica ma un nuovo studio scientifico sulle ossa rinvenute lascia pensare che questo territorio fosse abitato in forma stabile dai nostri primi antenati.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista dopo l’esame dei resti di scheletri di elefanti dalle zanne dritte (Palaeoloxodon antiquus), risalenti al periodo del Pleistocene. Il ritrovamento, come detto, risale in realtà a una quarantina di anni fa, ma lo studio è stato realizzato solo in questi mesi. Le ossa furono scoperte nell’alveo di una grande cava di carbone, poi stata trasformata in un lago artificiale.
I ricercatori hanno analizzato le ossa e rilevato su di esse numerosi segni forse provocati da rudimentali attrezzi in selce. Quelle incisioni sarebbero la conferma dell’utilizzo degli elefanti come fonte alimentare: le ossa sarebbero infatti state spolpate con l’utilizzo di strumenti da taglio. «Questo costituisce la prima prova chiara della caccia agli elefanti nell’evoluzione umana», ha spiegato Sabine Gaudzinski-Windheuser, professoressa di archeologia all’Università di Leiden, nei Paesi Bassi, che ha preso parte alla ricerca. Ma animali così grandi dovevano per forza essere affrontati da un numero elevato di persone e questo suggerisce che i Neanderthal vivessero in gruppi più numerosi di quanto non si pensasse fino ad ora. Di certo, aggiunge Wil Roebroeks, coautore dello studio, «cacciare questi animali giganti e massacrarli completamente faceva parte delle attività di sussistenza in questo luogo». Il che porta anche a pensare che quelle popolazioni fossero più stanziali di quanto fino ad oggi ipotizzato.
I ricercatori ipotizzano che la caccia riguardasse in particolare gli elefanti maschi, più facili da cacciare rispetto alle femmine che tendono a muoversi in branchi per proteggere i loro piccoli. «Mentre i maschi adulti sono animali solitari per la maggior parte del tempo — fa notare Roebroeks —. Quindi sono più facili da immobilizzare, spingendoli nel fango e nelle trappole». Un altro elemento emerso è che i Neanderthal fossero in grado di conservare le enormi quantità di cibo fornite da ogni singolo elefante. Da ciascun esemplare si potevano ricavare fino a 2.500 porzioni di cibo. Di qui l’idea che attorno a questi animali potessero essersi sviluppate grandi unità sociali. Sono state trovate anche tracce di fuochi di carbone: l’ipotesi è che servissero per essiccare la carne appendendola a dei graticci.
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