UN BAMBINO CHE NASCE A FIRENZE VIVE QUATTRO ANNI IN PIù RISPETTO A UNO DI CALTANISSETTA

«Un neonato di Firenze ha un’aspettativa di vita di quasi quattro anni in più rispetto a uno di Caltanissetta. Mentre un bambino nato nel 2021 in provincia di Bolzano ha una speranza di vivere in buona salute per 67,2 anni, contro i 54,2 di uno nato in Calabria». Il presidente della Fnomceo, l’Ordine nazionale dei Medici, Filippo Anelli, cita i dati del recente studio di Save The Children per rimarcare le disuguaglianze in sanità, storicamente consolidate sul nostro territorio, che sono state esacerbate dalla pandemia e lancia un appello alla politica: rivedere il Disegno di legge sull’Autonomia differenziata, presentato il 2 febbraio dal Ministro per gli Affari Regionali Roberto Calderoli al Consiglio dei Ministri.

Diritto alla salute uguale per tutti

Anelli cita la Costituzione: «Tutte le persone sono uguali davanti alla Repubblica, come recita benissimo l’articolo tre della Costituzione che dichiara che ogni persona è uguale per lo Stato, senza distinzione alcuna, senza differenza di censo, di stato, di opinione, di lingua, di religione, di sesso e così via. E anche per la salute vale la stessa questione: ad ogni persona presente sul territorio nazionale, lo Stato, la Repubblica garantisce il diritto alla salute. Orbene, - prosegue il dottor Anelli - il testo che è stato presentato sull’autonomia differenziata, che esalta ovviamente il ruolo delle regioni, rischia di non essere un testo che aiuta a colmare le differenze che purtroppo esistono sul territorio nazionale, che disuguaglianze in tema di salute.

Colmare le disuguaglianze

Ricorda il presidente dei medici italiani: «Noi tutti abbiamo giurato come professionisti, come medici, all’inizio del nostro lavoro, di considerare le p ersone tutte uguali, ma le differenze che ci sono in termini di sopravvivenza tra Nord e Sud, tra centro e periferia di una città, tra ricchi e poveri rendono questa nostra aspirazione difficile. Chiediamo alla politica di rivedere quel testo, di considerare, prima di partire, rispetto all’autonomia, di colmare le differenze di accesso al servizio sanitario nazionale, di modificare gli indici che danno per privilegiati quelli che, per luogo di nascita o di residenza, hanno una possibilità di sopravvivenza maggiore rispetto a quelli che vivono in aree geografiche più disagiate e che invece hanno un’aspettativa di vita e di salute molto più bassa».

Colpo di grazia al Servizio sanitario nazionale

Secondo il rapporto della Fondazione GIMBE, il regionalismo differenziato rischia di « legittimare a livello normativo le disuguaglianze nella tutela della Salute». La nuova bozza del Ddl Calderoli che approda oggi in Consiglio dei Ministri, secondo il presidente della Fondazione Nino Cartabellotta, è «un testo che al momento “blinda” l’autonomia differenziata come un affaire tra Governo e Regioni esautorando il Parlamento, non prevede risorse per finanziare i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e consente il trasferimento delle autonomie alle Regioni prima senza recuperare i divari tra le varie aree del Paese. Darà il colpo di grazia al Servizio Sanitario Nazionale – continua Cartabellotta – aumenterà le diseguaglianze regionali e legittimerà normativamente il divario tra Nord e Sud, violando il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini nel diritto alla tutela della salute».

Escludere la sanità

La Fondazione Gimbe chiede al Governo di espungere la sanità dalle richieste di autonomia differenziata. «Tenendo conto della grave crisi di sostenibilità del SSN e delle imponenti diseguaglianze regionali – dice ancora Cartabellotta – la Fondazione GIMBE invita il Governo a mettere da parte posizioni sbrigative e propone in prima istanza di espungere la tutela della salute dalle materie su cui le Regioni possono richiedere maggiori autonomie. In subordine, chiede che l’eventuale attuazione del regionalismo differenziato in sanità venga gestita con estremo equilibrio, colmando innanzitutto il gap strutturale tra Nord e Sud del Paese, modificando i criteri di riparto del fabbisogno sanitario nazionale e aumentando le capacità di indirizzo e verifica dello Stato sulle Regioni. È indispensabile salvaguardare la capacità di redistribuzione del reddito senza compromettere l’esercizio dei diritti costituzionali fondamentali, in particolare il diritto alla tutela della salute: altrimenti, - conclude Cartabellotta - la sanità rischia di essere un bene pubblico per i residenti nelle Regioni più ricche e un bene di consumo per quelle più povere».

2023-02-02T17:08:37Z dg43tfdfdgfd