LA RETE TIM, L’OFFERTA A SORPRESA DI KKR E LE MOSSE DEL GOVERNO

Oltre 400 miliardi di dollari in gestione, quasi 1.500 fra impiegati e consulenti, affiancati da un esercito di 470 analisti che operano in 20 città di 16 diverse nazioni e producono quasi 200 miliardi di dollari di entrate l’anno. Kohlberg Kravis Roberts & Co., meglio noto come Kkr, è uno degli snodi strategici della grande finanza a stelle e strisce. Il fondo Usa non ha uffici in Italia ma ha un faro acceso sul nostro Paese e ha messo Tim nel mirino da diverso tempo. Nel 2021 è entrata nell’operazione FiberCop, la rete secondaria di Tim, rilevando il 37,5% con l’obiettivo di procedere alla sostituzione del rame con la fibra ottica. A gestire il deal da Londra è stato Alberto Signori, managing director di Kkr responsabile del business infrastrutture per Europa, Medio Oriente e Africa.

Da allora il fondo Usa ha continuato a dialogare con il gruppo telefonico. A novembre dello stesso anno si è fatto avanti con una proposta per acquistare il 100% del capitale del gruppo telefonico, ma il consiglio di Tim è riuscita a respingerla proponendo un piano alternativo che prevedeva la divisione delle attività del gruppo telefonico tra rete (NetCo) e servizi (ServCo). Piano messo in piedi da un nuovo ceo, Pietro Labriola, chiamato in corsa a sostituire Luigi Gubitosi, entrato in rotta di collisione con Vivendi, il primo azionista di Tim che sospettava un ruolo del manager dietro l’offerta del fondo Usa. Il quale in Italia si muove con la consulenza di Vittorio Grilli, ex ministro dell’Economia del governo Monti oggi in forza a Jp Morgan, che avrebbe studiato insieme al team di Signori l’offerta sulla rete che oggi il consiglio del gruppo telefonico esaminerà per andare a vedere le carte e trovare una soluzione definitiva per cedere l’infrastruttura.

La trattativa tra Vivendi e Cdp

La mossa di Kkr è arrivata a sorpresa mentre la Cassa depositi e prestiti e Vivendi stavano cercando un accordo per procedere al riassetto di Tim, di cui la prima ha il 10% e la seconda il 24,3%, con la regia del governo interessato a creare una rete nazionale sotto il controllo di Cdp. E’ il classico caso dei due litiganti, tra cui si è infilato il fondo Usa. La trattativa tra i due maggiori azionisti del gruppo è andata avanti a lungo, su due diversi tavoli. Il primo avviato a maggio dell’anno scorso con la firma di un memorandum tra Tim, Cdp e i fondi Kkr e Macquarie, fallito a novembre di fronte all’impossibilità di trovare un accordo sul prezzo di cessione della rete alla Cassa. Per trovare una quadra a dicembre dell’anno scorso era entrato in campo il governo aprendo un nuovo tavolo al ministero dell’Industria e Made in Italy in cui erano coinvolte Cdp e Vivendi. Ci sono state interlocuzioni con Kkr per sondare la volontà del fondo Usa ad affiancare Cdp in una cordata creata ad hoc per presentare un’offerta per la rete Tim. Il fondo Usa non aveva dato la disponibilità. I colloqui tra i due grandi azionisti del gruppo telefonico sono andati avanti fino alla scorsa settimana, ma la soluzione non sembrava vicina. E Kkr ha dunque colto l’opportunità di farsi avanti con l’offerta per la rete Tim.

Le mosse del governo

Le ricostruzioni dicono che il governo fosse stato avvisato mercoledì sera dell’offerta di Kkr. Qualcuno dice tuttavia che già qualche giorno prima sarebbero arrivati dei segnali e che Kkr avrebbe bussato alla porta del ministero dell’Economia guidato da Giancarlo Giorgetti per preannunciare l’offerta, che avrebbe invece colto di sorpresa il ministero delle Imprese del Made in Italy, regista dal tavolo tra Cdp e Vivendi sulla rete. Di certo c’è che il governo non ha fermato l’offerta arrivata mercoledì sera sul tavolo di Tim, che a questo punto non si può considerare ostile. E’ anche vero che il lavoro della Cdp, indicata dal ministro Adolfo Urso come soggetto sotto cui far nascere la rete nazionale, stava prendendo troppo tempo e che in otto mesi di trattative la Cassa non era ancora riuscita a trovare un accordo per presentare l’offerta sulla rete di Tim. E’ difficile che adesso possa tornare in campo. Diverse voci dicono che per salvaguardare l’interesse strategico sulla rete il governo possa affiancare a Kkr un altro soggetto. Si fanno i nomi di Poste o F2i, il fondo infrastrutturale partecipato tra gli altri dalle fondazioni bancarie.

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