EGITTO, IL MINISTERO: «MANGIATE ZAMPE DI GALLINA: COSTANO POCO E SONO PROTEICHE»

Non c’è percentuale d’inflazione che tenga. Niente spiega la crisi economica di un Paese meglio di questo consiglio che viene dalle autorità: «Non buttate le zampe di galline, cucinatele: è una parte ricca di proteine». A raccontare la tutt’altro che stramba indicazione delle autorità egiziane ai suoi cittadini è la Bbc che riporta anche la rabbia della popolazione, sfinita da mesi, anni, di economia in ginocchio. «Oh Dio, non lasciarci arrivare al punto di dover mangiare zampe di gallina», è il commento di un uomo che mendica al mercato di Giza, accanto al banco del pollo, scrive il giornale inglese.

A marzo, l’inflazione ha toccato il 30%, a febbraio a un 31,9% , è il picco degli ultimi cinque anni, che sulle tavole di alcune famiglie egiziane, anche della classe media, significa niente prodotti base come l’olio, il formaggio e la carne, diventati quasi di lusso: in pochi mesi hanno raddoppiato o triplicato il prezzo. Allora, l’Istituto Nazionale per la Nutrizione — per conto del Ministero della Salute egiziano — dice di mangiare le zampe di gallina, un’ottima alternativa per contrastare la carenza di cibi proteici. E le parti del volatile che una volta erano offerte a cani e gatti, finiscono nelle vetrine dei macellai, accanto alle cosce di pollo, ovviamente molto più costose. La popolazione risponde all’invito del ministero: invece di dare consigli su cosa portare in tavola, pensate a cosa va cambiato nella gestione del Paese. L’Egitto, che conta cento milioni di abitanti, importa molto cibo dall’estero e non sfrutta abbastanza la produzione agricola interna (con la crisi del grano e la guerra in Ucraina, le difficoltà sono aumentate). In un anno la sterlina egiziana ha perso la metà del suo valore rispetto al dollaro, e, in aggiunta, anche il settore turistico ha segnato record negativi, sempre per il post pandemia e la guerra. Il presidente Adbdul Fattah al-Sisi incolpa il Covid, l’invasione russa, e, persino, le conseguenze della rivolta egiziana del 2011. Gli egiziani non sono d’accordo. Intanto, molti investitori stranieri lasciano il Paese.

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