Qualcosa di eccezionale è accaduto stamattina nella capitale indiana: la polizia si è presentata a casa di Rahul Gandhi, il figlio di Sonia, il più famoso leader dell’opposizione, erede della dinastia che ha governato per anni il Subcontinente. A rendere straordinario il fatto è il motivo della «visita»: chiedergli conto del suo discorso riguardo alle donne violentate che preferiscono non denunciare gli abusi alla polizia per non incorrere in altri guai. Gandhi aveva raccontato del dolore espresso da alcune di queste donne incontrate durante la sua grande marcia a piedi attraverso l’India.
Ora gli agenti vogliono sapere chi sono queste vittime di violenze. «Nel suo discorso in Kashmir aveva menzionato alcune donne sconosciute che erano state stuprate. Gli avevamo inviato una notifica chiedendo i dettagli di queste donne e ora lo interrogheremo», ha chiarito al quotidiano The Indian Express un alto funzionario della polizia di Delhi. Sollecitato giovedì scorso a fornire spiegazioni, Gandhi aveva replicato che avrebbe fornito ragguagli entro 8-10 giorni. Ma la polizia non ha voluto aspettare e stamattina si è presentata davanti a casa sua. «È impossibile credere che senza la direzione del governo al potere la polizia di Delhi possa intraprendere tali azioni, tanto più che non esiste una denuncia» hanno reagito dal partito del Congresso. «Non possono costringerlo a rivelare i nomi delle vittime. Questa azione è dannosa e fasulla». Su Twitter, il partito del Congresso ha affermato che la «teatro a buon mercato» della polizia di Delhi dimostra che il governo di Narendra Modi è «scosso» per le domande su Gautam Adani: il partito di Gandhi ha infatti accusato il governo di non voler indagare sul terremoto finanziario che il mese scorso ha travolto il miliardario indiano, molto vicino al premier. Tra accuse e contro accuse cresce il pressing su Rahul Gandhi, finito nel mirino del governo anche per alcune sue dichiarazioni all’estero: una settimana fa, in varie conferenze nel Regno Unito ha detto, tra l’altro, che «la democrazia indiana è sotto attacco». Imperdonabile per il partito nazionalista indù (Bjp) di Modi che ora minaccia di avviare una procedura per sospenderlo dal Parlamento per insulti al Paese. Ma Gandhi non intende scusarsi: da tempo chiede la parola in Aula per motivare la richiesta di una commissione indipendente sul caso Adani, il gruppo dell’industriale molto vicino al premier e afferma che non poter parlare è la dimostrazione dell’attacco alla democrazia. Il blitz degli agenti a casa sua arriva alla fine di una settimana in cui le proteste del Bjp per le sue osservazioni a Londra hanno bloccato per giorni i lavori in Parlamento. Da quando Rahul Gandhi ha sollevato domande sul legame tra il primo ministro Modi e Adani, il governo ha iniziato a molestarlo, ha osservato il segretario generale del Congresso, KC Venugopal. «Per deviare dalla questione Adani, loro (BJP) stanno ponendo tutte queste domande inviando la polizia. Rahul Gandhi e il Congresso non si spaventeranno. Non importa quanto cercheranno di salvare Adani, continueremo a interrogarli».
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