VAN DER POEL, CHI è IL RE DELLA SANREMO CHE HA VINTO 62 ANNI DOPO IL NONNO

Van der Poel con il nonno Raymond PoulidorHa attaccato sul Poggio come il nonno, Raymond Poulidor, primo alla Sanremo nell’anno in cui Gagarin portava l’Unione Sovietica nello spazio, Hemingway si sparava un colpo di fucile, i Beatles debuttavano al Cavern Club di Liverpool e iniziava la costruzione del muro di Berlino. Correva il 1961. 62 anni dopo Mathieu Van der Poel, il nipote, ha il caschetto aerodinamico in testa anziché il cappellino con la visiera all’indietro e la radiolina piantata nell’orecchio al posto del buio nella mente: l’ammiraglia Alpecin, dopo l’affondo a 5,6 km dal traguardo di Via Roma e la pedalata solitaria che tre giganti (Ganna, Van Aert, Pogacar) non riescono a boicottare, gli ha detto di spingere con giudizio; il vantaggio guadagnato sul Poggio (divorato in 5’40”, record) è incolmabile, la vittoria del terzo Monumento della carriera (nel tascapane VdP aveva già 2 Fiandre) blindata.

Il podio più nobile di una Sanremo a cinque stelle è dominato dalla polivalenza di Van der Poel, crossista e biker olandese, erede della famiglia più celebre del ciclismo mondiale (papà Adrie è stato un ottimo corridore da classiche), abile ad approfittare dell’incapacità di reazione del favoritissimo Pogacar, trainato dal fedele Wellens e ripreso da un Filippo Ganna in versione turbo nell’unico attacco sferrato ieri dal Cannibalino, forse appagato da nove successi stagionali in 13 giorni di gare. Il Pogacar, per un giorno, prova a farlo Super Pippo che, ricucendo lo strappo nel gruppo di testa, si porta dietro all’inseguimento di VdP sia Van Aert che lo sloveno spompato; resta solo da decidere in che ordine si presenteranno sul traguardo. In discesa il gelido Mathieu non fa una piega («Sono stato attento, inutile prendere rischi: se fossi caduto non me lo sarei perdonato»), le due mani sul casco, il sorriso da copertina e il bacio alla fidanzata influencer Roxanne sigillano il più bel giorno della sua vita: «La Sanremo è la gara che volevo vincere, pura storia. E pensare che all’inizio non la amavo... È solo la mia quarta volta, però non la dimenticherò facilmente: è l’unico Monumento nel palmares del nonno e questo dettaglio rende questo successo più speciale».

Sul divanetto dove gli eroi si riposano prima della premiazione, Mathieu si ritrova accanto quel marcantonio di Ganna, bravissimo con il suo corpaccione a battere in una volata surreale Van Aert campione 2020, regalando a Pogacar l’ebrezza di un quarto posto inaspettato (un signore anche nella sconfitta: «Nessun rimpianto, il piano era attaccare ma non ho avuto la forza di andarmene da solo. Bravi gli altri») e a se stesso un secondo piazzamento che sa di futuro. «Filippo un giorno vincerà la Sanremo — garantisce Van der Poel —, è potente in salita, tenace in discesa, capace di tutto. È un tipo che a me piace: sul divanetto mi sono informato del suo programma di gare». Sarà impossibile per tutti evitare un Ganna in rapida evoluzione della specie: Pippo col muso lungo («Volevo dare qualcosa in più, è brutto tornare a casa senza la vittoria: ogni lasciata è persa»), conferma un brivido lungo la schiena sul Poggio («Ho avuto paura di andare dietro a Van der Poel, non sapevo come avrebbero reagito le gambe: non mi trovo spesso in quella situazione») e di fare rotta sulla Roubaix («Salire a ruota di grandissimi avversari mi dà morale»).

. È stata il viatico del nuovo re olandese («Non mi sono nascosto: non ero ancora ai livelli che volevo però la corsa mi è servita per prepararmi al meglio») e il rodaggio di Ganna nel ruolo inedito di uomo da grandi classiche. Cambia pelle sotto i nostri occhi anche la Sanremo, mai banale né uguale a se stessa. Dopo essere stata terra di conquista per velocisti e finisseur, diventa la rampa di lancio di un talento enorme, che al bouquet di prati e sterrati aggiunge l’asfalto della Riviera. L’attacco decisivo, a 5600 m dall’arrivo, raddoppiando il vantaggio (6”) che aveva sugli inseguitori, consegna all’albo d’oro un anomalo talento da corse di un giorno (corridore da grandi giri: l’unica cosa che Vdp non è) e un cronoman in mutazione strada facendo. Da Mister Ora a erede di Cancellara, sotto la barbetta l’insostenibile leggerezza dell’essere Ganna.

2023-03-19T13:15:40Z dg43tfdfdgfd