Un incubo durato 17 anni quello di Michele Padovano, ex attaccante della Juventus, club con il quale vinse la Champions del 1996 all’Olimpico di Roma contro l’Ajax. Una brutta, bruttissima, storia che ha un inizio: il 10 maggio 2006, quando il mondo gli è crollato addosso. «Ci segua in caserma», quando le forze dell’ordine piombano a casa sua. Padovano non capisce, pensa sia su «Scherzi a parte», sorride a chi gli spiega che lo stanno arrestando. L’accusa è devastante: traffico internazionale di droga. In manette finiscono 33 persone e l’ex bianconero resta in carcere per 90 giorni. Gli sembrano un’eternità. Poi altri otto mesi ai domiciliari nell’attesa delle sentenze. In primo grado condanna a otto anni e otto mesi. In appello diventano sei anni e otto mesi. La svolta in Cassazione: tutto annullato. Fine di un incubo il 31 gennaio 2023. Diciassette anni vissuti con il solo sostegno della famiglia. Amici spariti, tranne qualcuno. «Vialli mi è sempre stato vicino, anche quando si ammalò mi diede coraggio».
Michele Padovano: perché fu arrestato. La carriera dell’ex calciatore e il rapporto con Vialli
« Ho sempre creduto nella giustizia, anche quando mi ha bastonato. Sapevo di essere innocente, ho rifiutato il rito abbreviato e i possibili benefici. Ho lottato come facevo in campo, non potevo crollare. Ho pianto quando sono stato prosciolto. Ho pianto e abbracciato mio figlio, mia moglie e i miei avvocati. Mi sarei perso senza di loro», ha raccontato nell’intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport. «I momenti più difficili? Quando da Cuneo mi hanno trasferito nella sezione speciale del carcere di Bergamo. Avevo passato 10 giorni in isolamento, ho imparato a memoria l’ordinanza dell’arresto e pensavo potessero capire fosse un equivoco. Pensavo di uscire e invece. Devo ringraziare i miei legali, che hanno lottato come dei leoni. Io non ho mai rinnegato le mie origini, sono cresciuto nella periferia torinese. C’è un po’ di tutto. Ma gli amici restano amici anche quando scelgono strade sbagliate. E mi sembrava giusto aiutare uno di loro, prestargli del denaro senza sapere l’uso che ne avrebbe fatto. Ecco, una cosa ho imparato: prima pensavo che dei propri soldi uno può farne ciò che vuole. Ora so che non è così...», ha continuato.
Il rapporto con Vialli
Come accade spesso in queste circostanze, tanti amici si sono dileguati. Padovano è rimasto (quasi) da solo. «Tutti spariti — racconta — specie quelli del calcio. Tranne due: Gianluca Presicci, compagno a Cosenza, e Gianluca Vialli. Dicevano che a lui gli vendessi la droga. Accusa assurda, caduta subito. Luca è stato commovente: per me ha fatto tantissimo. Anche quando si è ammalato, continuava a farmi coraggio. Basta, mi viene da piangere». Con la Juventus Padovano si è tolto grandi soddisfazioni: «Nel 1996 c’era il ritorno dei quarti di Champions, segnai al Real il 2-0 e andammo in semifinale. Poi ci fu la finale vinta contro l’Ajax ai rigori, uno porta la mia firma. La Juve resta la mia squadra». E sul futuro: «Se ho voglia di rientrare nel calcio? Enorme. Basta un progetto serio. Spero solo che dopo 17 anni qualcuno si ricordi ancora di me. Una chiamata della Juve? Sarebbe il massimo. Sono qui...». Chissà…
2023-03-19T15:26:06Z dg43tfdfdgfd